Bandiera dell'Italia e Unione Europea a Milano. Fonte: Wikipedia, utente:https://commons.wikimedia.org/wiki/User:Pava
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Interessante e attuale il tema del meeting organizzato dal Lions Club Castel del Monte – Host nella confortevole cornice di “Tenuta Cocevola” nei pressi del Castel del Monte il 20 novembre, come ha tenuto a precisare l’attuale Presidente, la Prof.ssa Mariangela Caricati, presentando la serata e l’illustre relatore, il Prof. Antonio Varsori, Ordinario di Storia delle Relazioni internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Il relatore ha intrattenuto i numerosi presenti sul tema del “Ruolo dell’Italia nel processo di integrazione europea”, in una serata contrassegnata anche dall’ingresso di un nuovo socio nel nostro storico Club.

In apertura la Prof. Caricati ha posto come spunto di riflessione la contrapposizione tra il cosiddetto “euroscetticismo” e la volontà di integrazione che per l’Italia ha un aspetto particolarmente sentito, vista la incessante ricerca di una integrazione già tra Nord e Sud d’Italia e, in relazione all’attuale multi etnia sociale, tra Italia e altri popoli o religioni. In questo forse il Trattato di Lisbona pone le premesse per modifiche concertate di norme comunitarie finalizzate appunto ad una migliore integrazione socio-politica.

Il Prof. Varsori ha da parte sua descritto con chiarezza il ruolo giocato dall’Italia nel integrazione europea partendo dalla validità del Piano Marshall che, dopo la seconda guerra mondiale, orientò l’Italia verso una scelta europea. Così dopo la nascita della Repubblica si avviò il processo di cooperazione europea con la “scelta occidentale” dei primi governi italiani, a cui fece seguito una maggiore apertura dello Stato verso l’Est europeo e l’area del Mediterraneo meridionale. Già però si concretizzava il contrasto tra chi vedeva nell’europeismo l’affievolirsi di quella identità nazionale così faticosamente perseguita nello sforzo risorgimentale, e conseguita con l’unità nazionale, difesa successivamente nello sforzo di ricostruzione post-bellica, e chi, come ad esempio Spinelli o De Gasperi, aveva generosamente contribuito al consolidarsi di quella coscienza europeista tutta protesa verso la formazione di un’Europa federale.

Tuttavia la scarsa considerazione che alcuni osservatori avevano nei confronti dell’Italia (come ad esempio il quotidiano inglese Times, nel 1972, che aveva considerato l’Italia “Cenerentola d’Europa”) ha reso poco esaltante la percezione del ruolo sostenuto dall’Italia nell’integrazione europea. Malgrado ciò il Paese, con i suoi rappresentanti istituzionali, ha svolto la sua funzione agendo in quattro ambiti precisi:

1.    la partecipazione alla costruzione dell’Europa attraverso il rafforzamento del ruolo politico e diplomatico offerto per la cooperazione;

2.    la costruzione europea quale contribuito alla modernizzazione del Paese;

3.    la funzione della costruzione europea sulla opinione pubblica;

4.    l’opportunità offerta alle forze politiche di formare un sistema di valori condivisi.

In verità forse il ruolo che l’Italia si apprestava a svolgere nel panorama politico-diplomatico europeo era superiore alle sue capacità. Non si deve dimenticare, infatti, che il nostro Paese deteneva il triste marchio di Nazione sconfitta, dopo una guerra disastrosa, per il quale non era nelle condizioni di avanzare pretese di rappresentatività al cospetto delle potenze vittoriose nel secondo conflitto mondiale. Un Paese sofferente sotto il peso delle sue macerie non solo politiche con una economia assolutamente priva di sostegni. Inoltre era consistente il rischio di una deriva istituzionale con la possibile sudditanza politica nei confronti della grande potenza sovietica (il Partito Comunista Italiano dell’epoca era il più grande partito comunista dell’Europa occidentale). Perciò più che soggetto attivo, l’Italia era oggetto di dibattito europeo sulle sue capacità di ricostruzione socio-economica e sul ruolo nella costruzione dell’Europa unita che si valutava superiore alle sue effettive capacità. Invece i primi governi degli anni Cinquanta hanno recuperato per il nostro Paese un certo ruolo rilanciandolo tra i protagonisti. Lo sforzo italiano ha pagato: il suo contributo è servito ed è stato ampiamente riconosciuto. La nascita della Comunità Europea, dapprima con connotati più economici che politici, ha reso possibile lo sviluppo economico dell’Italia culminato con la grande crescita degli anni Sessanta. Gli obiettivi posti dal Trattato di Roma hanno così creato le condizioni per una apertura del mercato del lavoro, contro la piaga dell’emigrazione fino ad allora così diffusa; venivano altresì riconosciuti, per i lavoratori italiani all’estero, uguali diritti. Con l’istituzione del Fondo sociale europeo e la Banca europea degli investimenti prese corpo un decisivo ruolo centrale dello Stato che, attraverso l’efficienza e il dinamismo di politici, diplomatici e tecnocrati, ha mostrato concretezza nello svolgere la sua funzione europeista. Ma il dato più significativo è che tutto l’impegno delle forze messe in campo dallo Stato italiano ha prodotto quel risveglio dell’interesse di una opinione pubblica italiana che fino a non molto tempo si mostrava priva di interessi particolari vivendo con distacco tutto il processo di crescita dell’integrazione.

Oggi però lo scontro incessante delle forze politiche sui temi di politica estera e la consapevolezza che, nonostante gli sforzi profusi dall’Italia per una pari opportunità e rappresentatività nei confronti delle storiche potenze politico-economiche dell’Occidente, resta per il nostro Paese una posizione quasi ancillare al cospetto dell’asse franco-germanico, rendono necessario lo stabilirsi di scenari diversi che vedano l’Italia in una posizione di maggior protagonismo. Questo spiega la tendenza ad attuare ampie aperture verso Paesi e mercati dell’Europa orientale al fine di poterli inglobare nel processo di integrazione europea, e verso i Paesi del Mediterraneo, onde spostare l’asse politico della Comunità al fine di raggiungere obiettivi di maggiore equilibrio socio-politico  e di cooperazione rafforzata. E’ proprio in questa ultima sfida, secondo il Prof. Varsori, che si intravede il futuro della Comunità europea nel quale il ruolo dell’Italia, fino a ieri marginale, potrà definitivamente consolidarsi. L’approvazione dello Statuto Europeo da parte ormai di tutti gli Stati aderenti va proprio verso questa direzione.

In conclusione il Prof. Varsori, quasi parafrasando il motto del nostro Presidente Internazionale, assimilando la Nazione europea alla nostra grande famiglia lionistica, notando come l’ascolto degli inni tutti europei in apertura della serata non può che suscitare forti emozioni e spinte verso l’integrazione, ha affermato che “solo un processo di grande dinamismo politico-economico potrà contribuire alla crescita di una “coscienza europea” scevra di incomprensioni e ricca di calore e amicizia.

 

 

                                                                               Michele Mastrodonato

                                                                                                  Addetto Stampa

                                                                                       Lions Club Castel del Monte – Host